Manifesto del movimento politico Italia Virtuosa
Ferdinando Imposimato è tra i primi soci attivi
Cosa è Italia Virtuosa
Italia virtuosa è un movimento politico culturale che si ispira ai principi e valori della Costituzione Repubblicana e della Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo. La stella polare di Italia Virtuosa è l’eguaglianza dei cittadini, intesa come eguale opportunità di uomini e donne, consacrata nella Costituzione, di esercitare i fondamentali diritti sociali.
L’eguaglianza ha contribuito allo sviluppo delle nazioni e ha fatto grandi molti paesi dell’antichità e dell’era contemporanea. L’eguaglianza è il pilastro della democrazia, la molla che ne favorisce la diffusione: « tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali, senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. La Repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese ».Laddove la cittadinanza, intesa in senso universale, appartiene a tutti gli uomini (art.3 Costituzione).
Ecco cosa disse Pericle ai cittadini di Atene nell’assumere il potere e nel descrivere la democrazia
<<abbiamo una costituzione che non tutela i privilegi di poche persone ma tutta la collettività; per quanto riguarda le cariche pubbliche, ciascuno è preferito a seconda del suo emergere in un determinato campo, non per la provenienza da una classe sociale ma per quello che vale. E per quanto riguarda la povertà, se uno può fare qualcosa di buono allo Stato, non ne è impedito dall’oscutìrità del suo rango sociale>> ( Tucidide, le storie II, 38.39)
L’antitesi della democrazia è la dittatura che distrugge le potenzialità dei singoli uomini per esaltare quelle del tiranno. Nessun uomo è disposto a impegnarsi e a valorizzare le proprie potenzialità creative nell’interesse di un dittatore. Alla dittatura va equiparato il regime, che è la dittatura della maggioranza che governa nel disprezzo dei diritti della opposizione.
Italia Virtuosa agirà per rendere effettiva e concreta l’eguaglianza, fonte di sviluppo e di progresso.
Aldo Moro scrisse, nel 1959, “ occorre perseguire l’obiettivo della effettiva eguaglianza dei diritti e delle possibilità degli uomini nella vita sociale. Vogliamo una società che non abbia settori marginali, zone d’ombra alle quali , quasi per una congenita e insuperabile diversità , sia riservata una sorte meno fortunata, una partecipazione meno intensa al valore della vita sociale , una diseguaglianza di posizione, un incolmabile dislivello sotto ogni riguardo”.
“La democrazia è l’impegno dello Stato e di tutta la società a provvedere al proprio sviluppo, e a un’eguale partecipazione di tutti, un’eguaglianza collettiva di diritti- diritto al lavoro dignitoso, alla casa, alla istruzione pubblica , al reddito sociale per i disoccupati involontari, all’ambiente, alla pace- che dia ad ogni uomo, in rapporto alle sue possibilità e ai suoi meriti , il posto che gli compete nella società”. (Aldo Moro Milano 3 ottobre 1959)
“La resistenza come angustia di meschini interessi e di posizioni di vantaggio e di isolamento da difendere alla espansione della eguaglianza collettiva dei diritti da parte delle caste privilegiate, – ( Moro)- è forte e richiede , al di là delle svolte rivoluzionarie, di volta in volta esplose in condizioni di insuperabile resistenza , una seria azione di lotta democratica rivolta a rendere possibili ed accettabili le rinunce ai privilegi, a riequilibrare progressivamente la situazione a realizzare l’estensione dei diritti e l’espansione vitale della intera società” .
Le leggi e il bene comune
Le leggi devono tendere al bene comune e fondarsi sul dogma della sovranità popolare. Principio che si trova alla base di quasi tutte le istituzioni umane, anche se di solito nascosto. Ma molti hanno irriso alla volontà popolare parlando di populismo, per svilire e offendere movimenti che radicano la loro forza nella partecipazione diretta dei cittadini. Esplosa la Costituzione Repubblicana, il dogma della sovranità popolare si impadronì del parlamento. Il potere era , di fatto , nelle mani del popolo. I latifondisti si sottomisero a un potere che era inevitabile. Nacquero così leggi democratiche che difesero il diritto al lavoro dignitoso, come lo statuto dei lavoratori, l’ordinamento sulla scuola voluto dal Ministro Moro, il suffragio universale nella legge elettorale , col voto eguale , libero e personale, con la la legge sui sindacati . Mancò invece la legge sui partiti politici per garantire democrazia interna e trasparenza, e questo fu un vulnus che proietta fino ad oggi le sue conseguenze nefaste, coi partiti alla mercè di avventurieri. Ma il dogma della sovranità popolare non si è mai spinto fino alla elezione diretta del Capo dello stato e del capo del Governo.
Col passare degli anni queste leggi democratiche poste a tutela del lavoro, della scuola , del diritto di voto e della eguaglianza dei diritti sociali sono state lentamente sostituite da leggi ingiuste e incostituzionali
La sovranità popolare
La sovranità popolare è cardine della democrazia (demos kratos=governo del popolo), Essa deve essere esercitata non ad libitum, con la scelta di un “messia” che sfugge ad ogni legge, come voleva la riforma, ma col voto diretto eguale e personale , nel rispetto delle regole della Costituzione.
La Repubblica democratica, sempre imperfetta, dev’essere costruita e perfezionata giorno per giorno, e resa possibile dall’esercizio del potere democratico dei cittadini, con una continua vigilanza contro pericoli di deformazioni e involuzioni, ma anche con una continua, positiva presenza per approfondire le idealità umane e di giustizia. Essa mira all’effettiva parità dei diritti e delle opportunità, che dia a ogni donna e a ogni uomo, indipendentemente dalla posizione sociale e dal possesso di beni materiali, ma solo in rapporto alle sue capacità e ai suoi meriti, il posto che loro compete nella società.
le leggi ingiuste
In Italia vari governi hanno emanato leggi ingiuste che anziché il bene comune favoriscono le oligarchie che li hanno sostenuti, leggi spesso scritte da legisti servi di poteri occulti come la trilateral commission , consulenti del Ministero Infrastrutture, accusati di associazione per delinquere che favoriscono corruzione e diseguaglianze per giustificare grandi opere fonte di corruzione , di distruzione del territorio e di sperpero del denaro pubblico. Esempi sono
1)il decreto che approva la Linea Ferroviaria Torino Lione che pesa per 2/3 sull’Italia , il ponte sullo stretto di Messina, e il terzo valico di Giovi in Liguria. Il Financial Times -giornalista Tony Barber ha scritto << le riforme di Renzi sono un ponte costituzionale verso il nulla>> . I dati forniti dal premier sono falsi: <<il Parlamento italiano approva più leggi di Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti>> E << una sconfitta di Renzi al referendum non destablizza l’Italia>>, e <<non si può anteporre la sopravvivenza di Renzi al bisogno di una sana democrazia in Italia>>.
2)la Legge sul Jobs act ,con voto di fiducia , che umilia il lavoro trattato come merce . Non ha reso effettivo il diritto al lavoro con retribuzione che lo liberi dal bisogno e consenta di esercitare in modo cosciente i diritti politici. Il datore di lavoro ha libertà di licenziamento. L’occupazione è inferiore al peggiore anno di crisi. Migliaia di giovani sono costreti a espatriare.
3) I 14 miliardi di incentivi alle imprese (voucher) si sono risolti in maggiore ricchezza del capitale a danno di piccole e medie imprese. E nella legalizzazione del caporalato, che è sfruttamento del lavoro nero. Meno 8.5 per cento di assunzioni e più 31 per cento di licenziamenti ( INPS ente pubblico 2016). Il Job act ha aumentato i licenziamnti disciplinari .
4) la legge sulla scuola, illegittima e liberticida. Il Governo destina alla scuola le risorse più basse d’Europa e l’ha trasformata in azienda privata con l’alternanza scuola lavoro.
La scuola (Calamandrei) “è organo costituzionale come Parlamento, governo e giudici :l’insegnante ha compito di istruire e formare i giovani”.
5) Mancano leggi che prevedano opere antisismiche l’Italia è preda di dissesti idrogeologici ma dilagano opere socialmente inutili .
6)Le leggi cd salva banche che salvano i banchieri truffatori e non i risparmiatori truffati.
In America Obama ha citato le banche che hanno emesso titoli carta straccia e ha inflitto sanzioni a JP Morgan per 32 miliardi di dollari e 5 miliardi alla Goldman Sachs.
Mancano leggi contro conflitto di interessi corruzione, riciclaggio e traffico di influenza che costano all’Italia 70 miliardi euro l’anno, memtre la prescrizione favorisce impunità. Carente è lotta all‘evasione fiscale che costa 154 miliardi di euro l’anno.
La legge che proroga i vertici della Cassazione tende ad asservire al premier i giudici ordinari amministrativi e contabili. Intanto la Consulta, da giudice delle leggi, è diventato organo della maggioranza che ha dichiarato inammissibile il quesito referendario sul Jobes act.
Il CSM da garanzia della indipendenza dei magistrati è organo della maggioranza e sceglierà i vertici di Procure, Triìbunali e Cassazione, subalterni alla maggioranza . La legge che proproga Presidenti di Cassazione, e che consente di controllare il Presidente della Corte dei Conti e Consiglio di Stato sono un indizio delle mire del Governo sui giudici.
L’eguaglianza
I governanti non devono perseguire, come avviene spesso, il vantaggio personale o il profitto proprio dei gruppi che li sostengono ma il bene comune di tutta la collettività rispettando l’ articolo 3 della Costituzione. E devono ricordare l’insegnamento di Pericle
<< Il bene della collettività deve prevalere sul bene di pochi privilegiati>>: <<se tutta la nazione è prospera, arreca ai cittadini più vantaggi che se è fortunata in ciascuno di essi , ma va in rovina nel suo complesso,>>(Pericle Tucidide II 60). Infatti <<un uomo a cui la sorte è propizia personalmente , non per questo non è travolto dalla rovina comune, se la sua patria è in rovina, mentre se è sfortunato in una città prospera, si salva molto più facilmente>>.
Le politiche sociali ed economiche
“I governi consociativi , per ambizione e vantaggi personali o di oligarchie e di lobbies, decisero politiche economiche e sociali che , se fossero riuscite, avrebbero portato gloria e vantaggi soprattutto ai privati cittadini, mentre essendo fallite, si sono rivelate un danno per la nazione”.
Nessuna politica di attuazione del criterio della eguaglianza sociale, nessun rispetto del principio della giustizia sociale sono stati seguiti e attuati dal Governo. “Gruppi di potere vogliono raggiungere l’utile senza preoccuparsi del giusto e aspirano a un benessere separato dalla virtù”. ( Tocqueville 212).
Le privatizzazioni
Sono un altro male dell’Italia che costano ai cittadini 23 miliardi di euro l’anno. Non possiamo accettare che, con la complice inerzia dei governi, continuino a esistere uomini- politici, funzionari o alti dirigenti- che ricevano compensi in beni e servizi molto maggiori di quelli ricevuti da altri uomini che lavorano. Questo fenomeno di diseguaglianza è il cancro della nostra economia. Italia Virtuosa intende lavorare, in sinergia con altre forze sane, per estirparlo per recuperare risorse preziose da mettere a disposizione dei meno abbienti.
Diseguaglianze che si perpetuano
Sandro Pertini nel maggio 1947 disse “ la ragione prima dell’aggravarsi della crisi economica e dell’instabilità politica in cui viviamo da anni bisogna ricercarla nella sperequazione dei sacrifici che pesano sul popolo italiano. Una parte del nostro popolo, la maggioranza – che va dall’operaio all’insegnante, dal disoccupato al pensionato, dal commerciante al piccolo imprenditore- costretta a sopportare tutto il peso dell’attuale situazione. Un’altra parte , invece , ha più di quanto abbisogni e rifiuta non solo di accettare sacrifici , ma specula sulla situazione per aumentare il proprio benessere, rendendo più penoso il sacrificio altrui. Ora è ingenuo pensare che questa parte privilegiata del popolo italiano accetti spontaneamente i doveri indeclinabili dell’ora”.
Disse Moro;“bisogna far pagare le classi abbienti”.
Italia Virtuosa tende ad uno Stato che tuteli principalmente i soggetti più deboli, che spesso sono anche i migliori sul piano dell’etica e dell’intelligenza che si affina con la sofferenza, facendoli protagonisti della democrazia ; lavoratori, giovani e donne, oggi discriminati, vilipesi nei diritti primari al lavoro e a una giusta retribuzione ed esclusi dalla gestione della cosa pubblica, sono un enorme patrimonio di risorse per lo sviluppo del paese.
Le donne in politica
L’Italia è a uno degli ultimi posti nel mondo per rappresentanza di donne in Parlamento nazionale ed europeo. L’Italia supera di poco il 21% delle donne alla Camera dei Deputati e al Senato, anche se ha recuperato più di venti posizioni rispetto al 2005, quando occupava la 75 posizione con una percentuale dell’11 per cento. Una situazione negativa in danno delle donne si registra anche nella rappresentanza al Parlamento Europeo. Su 27 Paesi l’Italia è al 24 posto.
Il recupero è stato spesso conseguenza di cooptazione dall’alto e di scelte umilianti per le donne, non legate al merito, ma alla mercificazione del sesso. Italia Virtuosa è convinta che il rinnovamento della politica passi necessariamente attraverso la valorizzazione delle donne, delle loro capacità professionali e della loro esperienza nel mondo del lavoro e della società.
Italia Virtuosa intende promuovere ogni iniziativa per fare cessare la ingiusta discriminazione delle donne in politica e dare piena e concreta attuazione all’art 51 della Costituzione, secondo cui « tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini ».
L’arte di Governare
Aristotele di Stagira, nel 450 a C, pose tra i pilastri dello Stato, accanto al «rispetto della Costituzione>> e all'<<estrema capacità nei doveri della carica» il requisito «della virtù e della giustizia», un unicum inscindibile, fondamento dello Stato. Laddove la virtù equivale all’etica in politica e la giustizia all’applicazione della Costituzione. <<La giustizia è elemento dello Stato: il diritto è il principio ordinatore della comunità statale>> << la temperanza e la giustizia sono necessarie al comando>>(aristotele politica)<<La prudenza è la sola virtù propria di chi comanda>>
Politica e l’etica non debbono essere contrapposte come è avvenuto finora.
Quanto all’arte di Governo. Pericle disse“ Io sono un uomo capace di prendere decisioni necessarie e anche dolorose e di spiegarvele, amante della nazione e superiore al denaro”.
“Chi sa prendere buone decisioni che però vadano contro interessi particolari, le deve spiegare ai cittadini. Chi prende decisioni impopolari ma non le spiega , è un pessimo governante, che troverà difficoltà insormontabili nella gestione del governo; e se si lascia vincere dal danaro e dal vantaggio personale, e non per quello della città, allora tutto è disposto a vendere per questa sola cosa”.
La partecipazione al Governo deve essere estesa
<<Tutti contendono per partecipare al Governo, non tutti a ragione. Da un lato i ricchi a ragione perché presentano più garanzie nei contratti>> ( Aristotele 96)
<< La pretesa di accedere alle cariche supreme non soffre impedimento dalla grandezza o dalla esiguità numerica di chi a tali cariche aspira; conta esclusivamente la capacità reale dell’aspirante o degli aspiranti… il vero problema è essere realmente superiori per virtù a quanti essi vogliono governare>> ( aristotele la politica p 97)
<<L’eguaglianza nell’alternanza conserva gli Stati: e questa alternanza si deve verificare tra persone libere ed eguali; giacché non possono avere il comando tutti nello stesso tempo, ma per un anno o per un altro periodo di tempo>> (Aristotele la politica p 33) <<In tal modo avviene che tutti arrivano al Governo>>
<<Le cariche pubbliche, quando lo Stato sia fondato sull’eguaglianza e sulla parità dei cittadini, è giusto siano esercitate a turno e che si badi agli interessi degli altri ( al bene comune) e poi ai propri interessi>> ( Aristotele la politica p 83)
<<Chi detiene il potere, siano uno siano più, è sovrano in tutti quei casi in cui le leggi non possano pronunciarsi con esattezza, perché non è facile emanare leggi per tutti i casi>(Aristotele politica p 93)
“La massa deve essere sovrana dello Stato a preferenza dei migliori, che sono pochi. I molti della massa, pur se singolarmente non eccellenti, qualora si raccolgano insieme, sono superiori ai migliori.In realtà, essendo molti, ciascuno ha una parte di virtù e di saggezza, e quando si raccolgono insieme, in massa, diventano un uomo con molti piedi, con molte mani, con molti sensi, così diventano un uomo con molte eccellenti doti di carattere e di intelligenza>>(Aristotele pol 90)
La tassazione dei beni della Chiesa
C’è l’assoluta esigenza di sottoporre a tassazione tutti i beni della Chiesa che sfuggono al fisco . Lo impongono alcune norme della Costituzione che sono l’art 53 Cost secondo cui
“tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”, in cui tutti, senza l’ uso della parola cittadini, si estende anche ai soggetti esterni alla comunità nazionale che svolgano attività o detengano in Italia beni per fini di lucro, come della Chiesa. Se non fosse coì potrebbe accadere che siccome i beni patrimoniali della Chiesa crescono a dismisura in virtà di testamenti di cittadini che non hanno eredi, ( la Chiesa ha 1/5 del patrimonio immobiliare italiano) , verrà un giorno che le spese per lo Stato verrano sostenute da una sparuta minoranza di cittadini.l’ articolo 3 Costit sulla eguaglianza di tutti di fronte alla legge. l’art 20 della Costituzione , secondo cui <<il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto di una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative. Né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività>>. Ciò significa che se crei una struttura ospedaliera o un albergo o una industria per fini religiosi, devi pagare le tasse previste per i cittadini e gli imprenditori italiani. Speciali limitazioni significa non solo limitazioni negative ma anche non fruire di esenzioni . Anche Papa, Francesco ha riconosciuto che la Chiesa deve pagare le tasse. Se così non fosse occorre cambiare la Costituzione.
Papa Francesco ha detto: “Se un convento lavora come hotel giusto che paghi l’Imu”.La svolta di Bergoglio: “Bene guadagnare dall’accoglienza, ma chi vuole farlo paghi le imposte. In caso contrario il business non è pulito”. Secondo stime dell’Anci, le tasse sugli immobili non pagate dalla Chiesa ammontano a circa 800 milioni l’anno. Il governo Monti nel 2012 ha fatto finta di modificare le regole, continuando però a prevedere l’esenzione per chi dichiara di svolgere attività “non commerciale” di Fatto . Q. | 14 settembre 2015
Dopo l’apertura del Papa, stava al governo Renzi decidere come intervenire . Il regime fiscale applicabile agli immobili eclesiastici è stato modificato nel 2012 durante il Governo Monti Che ha imposto il pagamento dell’Imu a quelli che svolgono attività commerciali. La definizione, però, è ambigua e si presta a diverse interpretazioni: non di rado anche veri e propri alberchi si presentano al fisco come strutture di acoglienza senza scopo di lucro per ottenere i’esenzioe : Per fare chiarezza non è bastato il decreto con le regole su Imu e Tasi per gli enti non commerciali del 26 giugno 2014 dal ministro dell’Economia . Secondo quel provvedimento non sono tenute a pagare le scuole private che chiedono alle famiglie rette inferiori ai 6.882 euro annui (pari al costo medio per ogni alunno di scuola statale calcolato dall’Ocse), le cliniche convenzionate e tutti gli enti non commerciali posseduti dalla Chiesa, dalle parrocchie alle università ai musei.
La Repubblica parlamentare
Italia Virtuosa ritiene la Repubblica immodificabile forma di solidarietà umana, una casa nella quale dobbiamo ritrovarci tutti, trovando un punto di concordia, essenziale per il bene comune, nel rispetto reciproco delle diversità dei singoli.
Il pilastro della Repubblica è la democrazia partecipata da tutti i membri della collettività che rispettino le leggi: l’esercizio dei poteri politici di direzione della cosa pubblica appartiene concretamente a tutti i cittadini, che devono avere uguale possibilità di determinare, mediante il loro intervento diretto, la gestione della cosa pubblica, nel senso più conforme all’interesse collettivo. Ma la democrazia è anche trasparenza dell’agire e controllo costante dell’azione di chi governa sia a livello centrale che locale.
Democrazia e alternanza
Occorre respingere l’idea della Repubblica presidenziale e battersi, per mezzo delle leggi, per difendere il principio che « nessuno riesca a raggiungere una posizione troppo preminente », di cui sarebbe portato inevitabilmente ad abusare, come ammoniscono Tucidide , Aristotele e Erodoto. La falsa democrazia si traduce in regime, che è dittatura della maggioranza . Il regime nasce quando la maggioranza governa nel disprezzo dell’opposizione, elemento cardine della democrazia.
«Base delle Costituzione democratica è la libertà, fine di ogni democrazia. Una prova della libertà è nell’essere governati e nel governare a turno, cioè l’alternanza dei governi>>.
<<Nessun individuo può coprire due volte la stessa carica, le cariche sono di breve durata » (Aristotele). Nell’ alternarsi senza soste dei governi si realizza il continuo rinnovamento della democrazia. Chi è chiamato a governare, deve essere guardiano della Costituzione e subordinato alla Costituzione. <<Chi raccomanda il Governo della Legge (Costituzione) raccomanda il governo di dio e della ragione , mentre chi raccomanda il governo dell’uomo, vi aggiunge anche quello della bestia poiché il capriccio è questa bestia e la passione sconvolge , quando sono al potere , anche gli uomini migliori. Perciò la legge è ragione senza passione. Quelli che sono ai posti di governo sono soliti fare molte cose per dispetto o per favore>> ( Aristotele Politica III)
La battaglia per la verità
La conoscenza della nostra storia recente e passata è inquinata da disinformazione , menzogna e silenzio, a partire dalla vera matrice delle stragi e degli assassini politici. Viene alla memoria l’esordio dell’Enrico IV II parte di Shakespeare sulla “sonante fama tutta dipinta a lingue” , “dall’oriente al declinante occidente, facendo del vento il mio cavallo di posta, io rivelo gli eventi che si svolgono in questa palla di terra: sulle mie lingue cavalcano incessantemente le calunnie che io dico in ogni lingua, riempiendo gli orecchi degli uomini di false notizie. Parlo di pace mentre un’ostilità nascosta ferisce il mondo sotto la maschera di una sicurezza sorridente”. “E chi, se non la fama, ella sola, fa radunare in allarme schiere di soldati e preparar difese, quando l’annata gravida di altre calamità si crede stia per procreare dal torvo tiranno della guerra, mentre nulla di tutto questo si prepara?” “La fama è come un flauto ove soffiano sospetti ,gelosie, congetture, e di uso così facile e semplice che la moltitudine, quello stupido mostro dalle inumerevoli teste, sempre discorde ed ondeggiante, può facilmente sonarlo”(Shakespeare p II Enrico IV)
La storia vera non sembra interessare gli storici e coloro che gestiscono l’istruzione nel nostro Paese e i cittadini che sono narcotizzati da media asserviti a poteri occulti che controllano la nostra vita. L’Italia somiglia sempre più a quel Paese descritto dallo storico Alexis de Tocqueville nella storia della Democrazia in America: «Vi sono certe nazioni d’Europa in cui l’abitante si considera una specie di colono indifferente al destino del luogo da lui abitato. Quando le Nazioni sono arrivate a questo punto, bisogna che esse modifichino le loro leggi e i loro costumi. O che periscano, perché la sorgente delle verità pubbliche vi si è come disseccata; vi si trovano dei sudditi schiavi, ma non più dei cittadini degni di giustizia e libertà ».
Italia Virtuosa è convinta con Einstein che “solo l’appassionata ricerca e conquista della verità e della giustizia può dare al miglioramento della condizione dei giovani un contributo superiore alle astuzie di una politica calcolatrice, che a lungo andare crea sfiducia e angoscia. Senza verità non c’è futuro”. Per questo si batterà per la ricerca e la diffusione della verità vera, e non quella costruita su dati e ricostruzioni false. Senza verità, la libertà e la democrazia saranno sempre in pericolo, in balia e alla mercé di coloro che hanno costruito l’edificio sul sangue dei giusti.
Aldo Moro disse, in occasione della nascita della Costituzione, “la democrazia si caratterizza per le divergenze di idee, che, se onestamente professate , sono un mezzo insostituibile per il miglioramento della democrazia che è sempre perfettibile e va continuamente migliorata nel senso della giustizia sociale e della eguaglianza, fattore fondamentale di sviluppo e di crescita di un popolo. La dialettica democratica tra i partiti e i movimenti incontra però due limiti, secondo Moro; il primo è di non esasperare i dissensi per partito preso, di non fare della polemica per il gusto di polemizzare. Per esistere con autonomia, non è necessario essere sempre e radicalmente diversi dagli altri, chè anzi una fondamentale identità di vedute tra partiti diversi ha consentito la nascita della nostra Costituzione (popolari, comunisti, socialisti, liberali e monarchici e repubblicani). Il secondo limite è costituito dalla verità, alla quale non si può contraddire senza disonestà, se essa è evidente e provata dai fatti. (Aldo Moro gennaio 1946). <<Noi crediamo che una democrazia senza verità sia fondata nella sabbia. Costretta a vivere di espedienti, essa si risolve nell’anarchia, che è conseguenza dell’interesse individuale contro ogni verità obiettiva e vincolante, che sostituisce alla spinta associativa dell’amore la forza dissolvitrice dell’io sfrenato e pensoso di sè>>. (Aldo Moro gennaio 1946).
Il metodo di ricerca della verità
E’ un dovere morale, ma anche una necessità politica, ricostruire la verità storica di fronte alla quantità di stragi impunite che hanno scandito la vita nel nostro Paese dalla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) alla strage di Piazza Fontana e via via fino alla strage della scuola Giovanni Falcone e Francesca Morvillo a Brindisi del 2012, stragi che potrebbero ripetersi. In questa riflessione la prudenza è d’obbligo. Occorre evitare di passare da una verità di comodo – tutte le stragi compiute in Italia in oltre 60 anni, secondo la pubblica opinione, sono state opera di terroristi neri e rossi, di mafiosi o di anarchici- ad una verità non dimostrata- le stragi sono opera dello Stato. Mai neppure una volta, come giudice istruttore, mi aveva sfiorato il dubbio che esponenti poltici e apparati istituzionali potessero essere in qualche modo implicati nelle stragi. Ma, nel valutare ipotesi diverse da quelle ufficiali, occorre anche evitare l’errore opposto, quello di pretendere prove matematiche, assolute, granitiche per dimostrare verità diverse da quelle emerse nelle sentenze o nelle inchieste parlamentari. Certo non possiamo contentarci delle opinioni e dei teoremi astratti. Ma non possiamo neppure chiudere gli occhi di fronte a storie che vengono ricostruite da testimoni diretti o da documenti o da atti giudiziari o da sentenze o da atti del parlamento o da analisi basate su elementi veri e primi, secondo la definizione di Aristotele. Scriveva Aristotele nell’Organon, confutazioni sofistiche che il sillogismo è il metodo che può portarci a verità non dimostrate con prove dirette e immediate. Esso è “un discorso in cui, posti alcuni elementi veri e primi, risulta per necessità, attraverso gli elementi stabiliti, alcunché di differente da essi”. Per Aristotele “elementi veri e primi sono quelli che traggono la loro credibilità non da altri elementi ma da se stessi: di fronte ai principi delle scienze, non bisogna cercare ulteriormente perché ogni principio sia per se stesso degno di fede.”
Il concetto di elementi veri e primi rappresenta il geniale punto di partenza della teoria del sillogismo dialettico, e cioé della induzione logica. Un documento può essere elemento vero e primo. Per dimostrare un fatto ignoto non si può argomentare sulla base delle congetture o delle impressioni o delle opinioni; occorre invece fare riferimento a elementi oggettivi indiscutibili che debbono essere la premessa di qualunque ragionamento induttivo.
E’ quello che ho cercato di fare, mettendo i fatti narrati in rapporto ad avvenimenti storicamente provati e cercando di coglierne i nessi. I fatti, valutati nel loro insieme, hanno portato, se non alla certezza assoluta, che sarebbe impossibile, a verità molto probabili che vanno prese attentamente in esame, come premesse per previsioni e terapie adeguate. Occorre seguire il metodo di Tucidice , il maggiore storico dell’antichità: anamnesi, diagnosi, prognosi e terapie.
Il problema della scuola
Tra gli impegni fondamentali dei partiti Moro pose il problema della scuola, pilastro dello Stato. Egli disse “un impegno che tocca a un tempo la difesa della libertà, la concreta attuazione della dignità umana, la soddisfazione degli interessi di sviluppo e di ordinata crescita della società, è quello attinente alla scuola. Esso riguarda lo sviluppo della vita democratica in Italia e assicura, colmando grado a grado enormi dislivelli, la necessaria espansione della scuola in tutti gli ambienti, o affronta problemi del rinnovamento strutturale e dell’adeguamento tecnico e didattico della scuola italiana, sempre nel rispetto, voluto anche dalla Costituzione, della libera iniziativa scolastica come fondamentale espressione, essa pure , della libertà umana” (Moro il congresso di Firenze del 1959)
“ Non si può negare che mano a mano i problemi della scuola, della sua dimensione, della sua struttura, della sua qualificazione, della sua espansione, siano diventati particolarmente urgenti e preminenti parallelamente con lo sviluppo straordinario della scienza e della tecnica, con la elevazione del livello tecnico del lavoro, con il maturare progressivo della coscienza democratica che comporta il diritto di tutti a partecipare ai beni della cultura e al dovere sociale di rendere questa espansione possibile>>(il congresso di Firenze 1959)
Moro fu l’autore del piano decennale della scuola e disse al congresso di Firenze del 1958
“Il piano di sviluppo della scuola non è di per sé la pur necessaria revisione degli ordinamenti scolastici, ma è un programma di organico sviluppo degli interventi dello Stato per creare le condizioni idonee all’aesplicazione dell’attività scolastica, per fornire attrezzature didattiche e scientifiche, per risolvere i problemi dell’edilizia e della scuola materna, per estendere fino ai limiti della necessità la scuola d’obbligo e la scuola professionale, per dotare dei mezzi necessari le università e gli istituti scientifici. Si tratta di un piano di sviluppo e non in sé e per sé di rinnovamento della scuola, ma è certo uno sforzo di estrema importanza, di eccezionale impegno finanziario, di organica visione delle esigenze strumentali e strutturali della scuola italiana. Uno sforzo che è un preminente dovere della collettività nazionale, come prima presa di coscienza della collettività nazionale delle fondamentali esigenze che la scuola è chiamata a soddisfare ”.
“L’approvazione e l’attuazione del piano della scuola estenderà progressivamente e approfondirà l’azione della scuola, strumento insostituibile di formazione professionale, intellettuale e morale, fondamento immancabile per il retto funzionamento dello Stato democratico, mezzo basilare per la valorizzazione piena della società. L’impegno finanziario e organizzativo del piano della scuola, che deve provvedere a esigenze improrogabili di adeguamento e di rafforzamento della scuola italiana, non basta. Esiste oltre al problema della organizzazione e della estensione della scuola, un problema di revisione e modernizzazione delle sue strutture, di adeguamento dei suoi ordinamenti, di adattamento alle nuove esigenze della tecnica, della cultura e della vita sociale, di corrispondenza alla spinta di espansione e di approfondimento della cultura, propria di una società democratica in sviluppo. Basti pensare all’assenza nei nostri ordinamenti di un insegnamento di educazione civica che Moro, Ministro della Pubblica Istruzione, introdusse nella scuola italiana e riguardava la conoscenza della Costituzione Repubblicana” (A Moro congresso di firenza 1958)
“Al piano della scuola deve associarsi un nuovo ordinamento scolastico, con leggi che riguardano il riordinamento degli istututi tecnici , magistrali e dei licei, ai quali si deve aggiungere un progetto organico per l’istruzione professionale e sulla scuola d’obbligo fino a 18 anni, che riguarda il minimo di preparazione culturale a tutti offerto nella società democratica e il fondamento idoneo per gli ulteriori studi sino a gradi più alti che la nostra Costituzione apre, sulla base di un vero diritto, a tutti i capaci e i meritevoli anche se sprovvisti di mezzi”. (Moro congresso Firenze ottobre 1959)
Ed è proprio quest’ignoranza della Costituzione da parte degli studenti e delle masse, che è stata mantenuta dalla burocrazia fascista residuata dopo la caduta del fascismo, che permette la distruzione della Costituzione e con essa della democrazia nella indfferenza generale.
La scuola pubblica deve tendere “a realizzare per tutti una larga disponibilità di beni culturali, come premessa e garanzia sostanziale di un retto esercizio dei diritti politici, tra cui il diritto di voto e all’elettorato attivo e passivo, e del correlativo adempimento dei corrispondenti doveri. Perchè ogni cittadino sia in condizioni di realizzare il pieno sviluppo della propria personalità e di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società, è necessario assicurare una compiuta istruzione di base indispensabile per partecipare consapevolemente alla vita associata; promuovere l’armonico sviluppo della formazione umana e di quella professionale, formando la preparazione necessaria per l’esercizio di una concreta attività lavorativa nei vari settori della produzione, della trasformazione e della distribuzione; perfezionare la preparazione necessaria per le professioni pratiche ai giovani che si avviano a costituire i quadri tecnici intermedi; aggiornare la preparazione professionale a livello universitario; incrementare la ricerca scientifica”(A Moro la scuola dic1959)
“In breve, una efficace politica della cultura sta alla base ed è al centro di una democrazia reale”
“Nella situazione italiana, la scuola non appare un fattore di sviluppo economico sociale, né un luogo nel quale sia possibile generalmente la pienezza della formazione, mentre si sente già nella talvolta straordinaria espansione della scuola una conseguenza dello sviluppo economico e sociale e nell’azione personale degli insegnanti un impegno educativo e vitale che contrasta spesso con il contenuto invecchiato dei programmi” (A Moro dicembre 1959)
Oggi le iscrizioni all’Università sono diminuite e la maggior parte degli studenti universitari proviene dalle classi sociali più abbienti mentre dai lavoratori manuali proviene una minoranza esigua che non supera il 10%. “Così il monopolio della ricchezza – dice Piero Calamandrei- porta fatalmente al monopolio della cultura, sicchè le “scuole medie ed universitarie, sbarrate agli ottimi quando sono figli di poveri, si riempiono di mediocri e anche di pessimi”. Che diventano pessimi professionisti, pessimi magistrati e pessimi politici e quindi pessimi governanti che pensano al loro vantaggio personale e non al bene comune, come si vede da esempi recenti che sono sotto gli occhi di tutti. Viene così a mancare quel continuo ricambio attraverso il quale si verifica senza posa , nelle vere democrazie, il rinnovamento della classe politica dirigente, che non rimane una casta chiusa, come è oggi, ma è la espressione aperta e mutevole delle forze più giovani e meritevoli della società.
No a Machiavelli. Si al principio di legalità
Gli ateniesi dissero ai Meli, che non volevano sottomettersi alla potenza degli ateniesi
<<Noi crediamo che per legge di natura chi è più forte comandi; che questo lo faccia la divinità lo crediamo per convinzione, che lo facciano gli uomini lo crediamo perché è evidente. E ci serviamo di questa legge senza averla istituita noi per primi, ma perché l’abbiamo ricevuta già esistente e la lasceremo valida per tutta l’eternità, certi che voi e altri vi sareste comportati nello stesso modo se vi foste trovati padroni della nostra stessa potenza. E così nei confronti della divinità, per quanto è probabile, non crediamo di essere inferiori a voi: quanto alla convinzione che avete nei confronti dei lacedemoni, per cui confidate che accorreranno in vostro aiuto per un sentimento di onore, noi, pur considerando beata la vostra inesperienza, non invidiamo la vostra pazzia. I lacedemoni di solito sono valorosi quando sono chiamati in causa loro stessi con le loro consuetudini patrie; ma sul loro modo di trattare gli altri, sebbene vi sia molto da ridire, pure in breve si potrebbe mostrare che costoro, nel modo più evidente tra tutti gli uomini che conosciamo, considerano onesto ciò che è piacevole e giusto ciò che è utile. Eppure tale attuale convinzione non reca vantaggio ai vostri attuali disperati tentativi di salvezza.>>
Italia Virtuosa ripudia Machiavelli, come guida spirituale della politica del nostro Paese, origine di tanti mali passati e presenti in Italia e nel mondo. Ritiene che nessuna ragion di Stato possa consentire e legittimare la conquista e il mantenimento del potere attraverso la «licenza di uccidere» e di compiere stragi o attentati, ampiamente sperimentata da alcuni governanti del recente passato come strumento di lotta politica, dalla nascita della Repubblica ai nostri giorni.
Sono convinto che mezzi ignobili, come massacri, assassini e attentati, rimasti impuniti, non siano compatibili con fini nobili, come la difesa della libertà e della democrazia.
Mezzi sanguinosi come le stragi e gli assassini politici portano al prevalere al potere di politici assassini che governano con l’assenso della gente. Dal fascismo a oggi la situazione non è cambiatal La gente accetta l’assassinio politico come segno di potenza e di valore. Come fu possibile, per il popolo italiano, tollerare l’assassinio di Giacomo Matteotti rivendicato con tracotanza e arroganza da Benito Mussolini, che riuscì a rafforzare il suo potere, e quaranta anni fa accettare come inevitabile l’assassinio di Aldo Moro, come sacrificio necessario contro il ricatto delle Brigate Rosse , mentre Moro si poteva salvare e del suo calvario e della sua morte era stato complice il potere politico democristiano e non solo, che si servì di istituzioni infedeli.
Italia Virtuosa si impegna a riprendere la via dell’incivilimento e a operare per uscire dall’abiezione in cui è precipitato il Paese, riconsiderando con occhi critici le nostre radici morali e i nostri vizi, riconoscendo che morale e politica vanno tenute distinte ma non contrapposte.
La diffusione delle informazioni false, l’uso di dossier costruiti, l’impiego dei servizi segreti per atroci delitti e il ricorso ai media per manipolare la verità hanno avuto un peso decisivo nel gioco politico italiano, un gioco sporco che ha bloccato e inquinato la nostra democrazia e continua a condizionarla. Infatti da questo gioco non siamo riusciti a liberarci, per volontà di politici a caccia del potere con ogni mezzo, compreso il delitto e le stragi. La democrazia vera e partecipata sarà possibile solo con la conquista della verità sulle stragi e sui poteri occulti, il rilancio di una grande tensione morale, e la consapevolezza che la politica è una scienza morta se la morale non cospira con lei e non la fa regnare nella nazione. E nel processo di Palermo vediamo atteggiamenti machiavellici da parte di alte cariche dello Stato che rifiutano e manipolano la verità.
Nel processo per la trattativa i Pubblici Ministeri di Palermo, sono oggetto di continue minacce ma anche di procedimenti disciplinari davanti al CSM, di trasferimenti illegittimi e di rappresaglie professionali. E’ la fotocopia di ciò che avvenne a Falcone e Borsellino, calunniati dal CSM, da famosi scrittori e da colleghi invidiosi, e isolati dai media e dalla pubblica opinione, prima delle stragi di Capaci e di via D’Amelio. Per scrivere la sentenza contro Cosa Nostra, Falcone e Borsellino furono costretti a rifugiarsi all’Asinara pagando le spese di vitto e alloggio, oltre a dovere andare davanti al CSM a difendersi da accuse di infrazioni disciplinari e di avere simulato stragi ai loro danni per costruire la loro fortuna professionale. Dopo la loro distruzione morale, essi furono uccisi dallo Stato/mafia alleati. Uno Stato che costringe alcuni dei suoi rappresentanti più coraggiosi a vivere in clandestinità non è uno Stato libero e democratico, ma dominato da poteri occulti e criminali in grado di condizionare le Istituzioni. Non possiamo accettare che i pubblici ministeri di Palermo siano oggetto di continue minacce, senza che le massime autorità dello Stato rivolgano una sola parola di solidarietà e di sostegno non formale a questi uomini di legge. Le misure di protezione fisica ottenute grazie alle sollecitazioni del vicepresidente della Camera Luigi Di Maio non possono bastare. Avremmo voluto che alle parole di solidarietà del vicepresidente Di Maio in favore di Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, si fossero associate quelle delle altre autorità dello Stato, che invece non ci sono state. E meraviglia che le sentenze di condanna a morte di Nino Di Matteo siano state ignorate dal Presidente della Repubblica e dai maggiori quotidiani italiani.
Lotta a corruzione e mafia
La corruzione costa alla collettività, secondo la Corte dei conti, oltre 70 miliardi di euro all’anno, una tassa occulta che grava su lavoratori e imprese e impedisce lo sviluppo del Paese, provocando la fuga degli investitori stranieri e nazionali. Essa alimenta il crimine organizzato, altra piaga mortale per il paese, minacciando la libertà dei cittadini. La corruzione e il crimine organizzato, divenuti, nelle mani di soggetti senza scrupoli, strumenti di lotta per la conquista del potere e causa di degenerazione della Repubblica, sono i principali nemici della democrazia e della giustizia sociale. Essi vanno combattuti con ogni mezzo, a partire da leggi ispirate al bene comune e non a interessi di parte. E da uomini che abbiano servito, e non tradito la legalità repubblicana, dietro il comodo schermo della ragion di Stato e del segreto di Stato.
Già in sede di inaugurazione dell’anno giudiziario, venne posto in luce la gravità del fenomeno corruttivo e fu evidenziato che, anche nell’ambito privato, si verificavano episodi di illegalità come evasioni fiscali, dazioni di tangenti, gravi violazioni di regolamenti urbanistici ed assunzioni illegittime e clientelari di soggetti senza alcun merito negli enti pubblici economici.
In quella sede, quale mezzo più idoneo per combattere queste forme di criminalità, che arrecano ingenti danni all’economia del nostro Paese e minacciano la democrazia, venne indicato il recepimento della Convenzione penale sulla corruzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999 e della Convenzione civile sulla corruzione, entrambe approvate dall’Italia, che, tuttavia, a distanza di ben 12 anni, non erano state ancora ratificate e incluse nell’ordinamento interno.
Finora risulta ratificata dall’Italia solo la Convenzione penale contro la corruzione con la legge n. 110 del 28 giugno 2012. La Convenzione penale di Strasburgo, composta da quarantadue articoli, contiene norme efficaci che conferiscono rilevanza a condotte, le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della gestione pubblica, non risultavano sanzionate all’interno del sistema penale italiano; trattasi di norme, solo per citarne alcune, come la fattispecie del “traffico di influenza” finalizzata a punire la condotta di tutti quei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione, e come la “corruzione sia attiva che passiva nel settore privato”, che sono causa di enorme sperpero del pubblico denaro.
Per quanto attiene alla Convenzione civile (risarcimento dei danni derivanti da un atto di corruzione), viene statuito che, al fine di prevenire atti di corruzione, ciascuno Stato preveda, nell’ambito del suo diritto, che le persone incaricate, all’interno della società del controllo dei conti, accertino che i bilanci annuali rispecchino fedelmente la situazione finanziaria della società stessa, con l’assunzione delle conseguenti responsabilità (sanzione del falso in bilancio).
Le indagini effettuate nei confronti di 182 paesi dall’Associazione internazionale contro la corruzione, in relazione alla sussistenza e stima del fenomeno corruttivo che incide sul bilancio dello Stato, alterando gravemente i costi pubblici e falsando la libera concorrenza del mercato, collocano il nostro paese al 69° posto dopo il Ghana e prima della Macedonia.
La nuova legge contro la corruzione contiene pochi aspetti positivi e molti lati negativi.
Sotto il primo aspetto essa introduce due nuove figure di delitto come il traffico di influenze, che punisce il mediatore che illecitamente si fa dare o promettere denaro per la sua mediazione illecita, e la corruzione tra privati, che sanziona coloro che danneggiano la società privata, con violazione di doveri di ufficio e di fedeltà alla società privata. In entrambi i casi la pena è sproporzionata per difetto; essa va da uno a tre anni di reclusione, pena molto lieve e soggetta a prescriversi in breve tempo. Si pensi che il furto pluriaggravato, come è quasi sempre, è punito con una pena che va fino a dieci anni. Ciò è ingiusto; è molto più pericolosa la corruzione che il furto. Ancor più grave è la mancata punizione del falso in bilancio, reato strumentale alla corruzione. Infatti i bilanci delle società si falsificano per creare fondi neri da usare per corrompere: la impunità dei falsi in bilancio avviene in contrasto con i vincoli derivanti dalla convenzione di Strasburgo del 1999. Ma oltre alla mancata punizione del falso in bilancio, vi è la impunità dell’autoriciclaggio, che dovrebbe punire chi investe il denaro proveniente da suoi stessi delitti come la corruzione o la concussione o il peculato. L’aspetto più preoccupante della legge è lo sdoppiamento della concussione in violenta o per costrizione, (punita da 6 a 12 anni) e fraudolenta o per induzione (punita da 3 a 8 anni), due ipotesi che nella vecchia legge erano unificate e punite entrambe con una pena da 4 a 12 anni.
La legge Severino, per la parte che prevede una minore sanzione per la concussione per induzione, è viziata di incostituzionalità sia perché la pena non è adeguata alla gravità del reato, come vuole la Corte Costituzionale, secondo l’art 3 della Costituzione, sia perché non c’è alcuna ragione per punire di meno i concussori per induzione in modo fraudolento rispetto a quelli che agiscono con violenza e sia perché il Parlamento ha finora rifiutato l’amnistia per delitti molto meno gravi della concussione, cosa che appare ingiusta se oggi si beneficiano i ricattatori di Stato che costringono gli imprenditori a sostenere costi insopportabili, che si riflettono contro i cittadini consumatori.
Al di là delle leggi, esiste un dovere morale di avere il più sacro rispetto delle risorse pubbliche. La politica e l’etica non debbono essere contrapposte come è avvenuto finora.
Conclusivamente si deve riconoscere che occorre diffondere la cultura dell’etica in politica, e che esse devono congiurare tra loro per salvare lo Stato. Ma il solo imperativo morale non basta. Non tutti hanno il rigore etico di Sandro Pertini che, nel 1974, invitato a firmare, quale Presidente della Camera dei Deputati, un decreto che prevedeva l’aumento delle indennità per i parlamentari, rifiutò sdegnosamente, minacciando le dimissioni: «ma come, in un momento grave come questo, quando il padre di famiglia torna a casa con la paga decurtata dall’inflazione… voi date quest’esempio d’insensibilità? Io deploro l’iniziativa».
E il decreto decadde.
I Partiti
La moralizzazione dei partiti e la loro trasformazione, da covi di interessi personali e familiari, spesso infiltrati da mafia, camorra e ndrangheta, a strumenti di democrazia richiedono una legge sui partiti che stabiliscano, al posto degli inutili statuti, regole vincolanti di partecipazione democratica, controlli per il loro funzionamento, possibilità di accesso a tutti i cittadini che vogliano farne parte senza preclusioni e senza discriminazioni, salvo quelle di ordine giuridico, politico e morale; programmi definiti, bilanci trasparenti, divieto ai partiti persona, rotazione delle cariche direttive, periodicità dei congressi, partecipazione delle quote rosa agli organismi dirigenti, regole per l’ammissione e l’esclusione dei nuovi iscritti, misure disciplinari nei confronti di coloro che violino tali regole, organi abilitati ad erogarle.
La legge sui partiti deve prevenire, con regole chiare ed applicate, i fenomeni ricorrenti di degenerazione, cooptazione e ricorso sistematico ai vecchi sistemi del tesseramento selvaggio.
Il finanziamento dei partiti
Il Governo, mosso dallo scandalo mediatico sviluppatosi nel tempo, adottò la Legge 6 luglio 2012, n. 96 (norme in materia di riduzione dei contributi in favore dei partiti e dei movimenti politici). Essa è una mera finzione e inadeguata a recuperare le ingenti risorse sottratte ai cittadini, fuori da ogni controllo. Nella legge truffa, che è uno specchietto per le allodole, si istituisce una “Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici” con sede presso la Camera dei deputati, che provvede, in pari misura con il Senato della Repubblica, ad assicurarne l’operatività attraverso le necessarie dotazioni di personale di segreteria. La Commissione è composta da cinque componenti, di cui uno designato dal Primo presidente della Corte di cassazione, uno designato dal Presidente del Consiglio di Stato e tre designati dal Presidente della Corte dei conti. Tutti i componenti sono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata. La Commissione è nominata, sulla base delle designazioni effettuate ai sensi del presente comma, con atto congiunto dei Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Va rilevato che le competenze, attribuite alla predetta commissione, rientrano puntualmente nella previsione dell’art. 100 della Costituzione trattandosi di denaro pubblico e, pertanto, all’organo Corte dei conti dovevano essere conferiti tali compiti esterni e non sotto il controllo delle Camere. Nel 2015 la Commissione rassegnò le dimissioni per non avere potuto esercitare il controllo dei bilanci dei partiti per gli ostacoli favoriti dalla inerzia della Presidenza di Camera e Senato
Il problema è che il finanziamento pubblico dei partiti è stato ripristinato in maniera ancor più incostituzionale. Non si può tacere che pur appartenendo la sovranità al popolo, secondo la Costituzione, qualunque referendum non ha conseguito alcun risultato tangibile; come l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti mentre, ad una parziale, minima insignificante riduzione si è giunti solo dopo il rivelarsi di fatti indecorosi o criminosi con la citata legge n. 96 del 2012.
Il finanziamento pubblico dei partiti è stato causa di corruzione trasversale a tutti i partiti, con leader che hanno acquistato case e tenute e sottratto fondi senza alcuna sanzione, dal momento che i partiti sono non soggetti pubblici ma privati.
Un’economia sociale
La proposta di Italia Virtuosa è semplice: i mezzi di produzione dei beni primari devono essere utilizzati in maniera programmata, che non significa economia comunista, ma adeguamento della produzione ai bisogni della collettività, evitando lo sperpero di energie e garantendo il lavoro a tutti coloro che siano in grado di lavorare e valorizzando i più meritevoli.
L’economia programmata deve coesistere con la libera iniziativa privata, essenziale per lo sviluppo, la quale non deve porsi in contrasto con l’utilità sociale o recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. Si tratta di un obiettivo fondamentale della Costituzione, secondo cui «La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali» (art.41 Costituzione ).
Obiettivo disatteso, essendo stato privilegiato il fine del profitto rispetto a quello della utilità sociale. Ma l’economia programmata non deve consistere nelle grandi opere pubbliche o solo nelle grandi opere pubbliche, che sono occasione di corruzione e sperpero della spesa pubblica, e di arricchimento per i gradi gruppi capitalistici, ma in quella che Aldo Moro definì «la creazione di un ordine nelle riforme, altrimenti la ricchezza rischia di andare dispersa e la conquista politica». Per questo, disse Moro, «occorre promuovere la linea di uno sviluppo armonico e continuo. E’ questo il disegno della programmazione economica e sociale. La quale, per essere di tipo occidentale e non collettivistico, è di limitata coercibilità e si affida per la sua attuazione a liberi e consapevoli comportamenti». Il che richiede che «la programmazione sia democraticamente costruita e controllata ed obiettivamente giusta, tale da escludere inammissibili sacrifici unilaterali nelle aree di maggior disagio» (intervento A Moro Giorno 9 novembre 1972).
Sul piano dell’economia, Italia Virtuosa ritiene il liberismo, selvaggio ed egoista, la vera causa della crisi del nostro paese e dell’intera Europa. Italia Virtuosa tende a combattere l’anarchia economica della società capitalistica dovuta alla concentrazione del capitale privato nelle mani di poche persone. Queste, perseguendo il profitto come unico obiettivo, hanno prodotto una crescente distruzione del lavoro e dei diritti dei lavoratori e un enorme esercito di disoccupati. Mentre hanno privilegiato in modo abnorme finanzieri, politici e affaristi i cui interessi sono interdipendenti e guidati dal più spregevole machiavellismo. Il sistema che equipara il lavoro a una merce va combattuto. Il lavoro è risorsa primaria per lo sviluppo. Il lavoro è la risorsa più grande del nostro popolo e la sua tutela interessa tutti, lavoratori e non. Compito della Repubblica è non solo promuovere le condizioni per rendere effettivo questo diritto ma di fare in modo che ogni lavoratore abbia una retribuzione che lo liberi dal bisogno e gli consenta di dedicarsi al proprio miglioramento spirituale per esercitare in modo responsabile i propri diritti politici. L’articolo 3 della Costituzione stabilisce che « la repubblica rimuove gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza, impediscono il pieno sviluppo della persone umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese ».
Il progresso tecnologico, che oggi determina ulteriore disoccupazione, deve produrre al contrario un’attenuazione della fatica e una più larga diffusione del lavoro per tutti, con una maggiore possibilità per i lavoratori di esercitare i loro fondamentali diritti politici. Questo è possibile solo con un’economia orientata verso la riduzione del lavoro e la creazione di nuovi posti di lavoro: meno lavoro per tutti, più lavoro per tutti. Questo già accade in Francia e in Germania da molti anni, con un orario settimanale di 35 ore. Riteniamo che possa accadere anche in Italia, per rendere possibile il perseguimento di obiettivi sociali, tra cui i diritti inviolabili al lavoro dignitoso per tutti, alla casa e all’istruzione pubblica libera, cardine dello sviluppo, alla informazione dei cittadini, attraverso la libera stampa.
I proprietari dei mezzi di produzione, cioè l’insieme delle industrie che producono beni di consumo, come autovetture, vestiti, elettrodomestici etc, sono interessati solo al proprio profitto personale e di gruppo. I lavoratori, usando i mezzi di produzione, producono nuovi beni che sono di proprietà dei capitalisti. Il punto cruciale è il rapporto fra quanto i lavoratori producono e i salari che percepiscono. Dal momento che i contratti di lavoro sono liberi, i salari dei lavoratori sono determinati non dal valore reale dei beni prodotti, ma dalla domanda di forza lavoro dei capitalisti in relazione all’offerta di lavoro da parte dei lavoratori. Domanda sempre inferiore rispetto alla offerta di lavoro. In questa competizione aumenta il numero dei disoccupati e dei pagati con salari di fame.
La moralizzazione della spesa pubblica
Presupposto per l’attuazione della giustizia sociale è il recupero delle risorse necessarie attraverso la eliminazione dei privilegi della classe politica a livello nazionale e territoriale. Anzitutto Italia Virtuosa sollecita i partiti per una riduzione del trenta per cento dei parlamentari nazionali e regionali. Tale obiettivo, coerente con la nascita delle Regioni, sarà perseguito senza che questo taglio debba comportare come contropartita una riforma costituzionale presidenzialista, come pretende la Lega e il PDL.
Vuole, altresì, una riduzione netta delle indennità dei parlamentari nazionali e regionali, da omologare a livello europeo, sostenendo quelle forze politiche che si batteranno per questi tagli. Il ricavato deve essere destinato a lavoratori, disoccupati, pensionati e portatori di handicap. L’obiettivo è un’equa distribuzione delle ricchezze del Paese, attraverso la loro redistribuzione, eliminando i gravi squilibri sociali esistenti.
Italia Virtuosa favorisce l’autonomia degli enti locali, senza ledere l’unità e indivisibilità dell’Italia e il principio irrinunciabile di solidarietà politica economica e sociale.
La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, sganciando le Regioni dai controlli centrali, ha permesso, ma ben altre erano le finalità, che l’autonomia fosse intesa come potere in sé e non come potere al servizio del cittadino, con gravi danni per il Paese.
C’è una delegittimazione morale e di immagine proveniente da vicende di malcostume e corruzione che dimostrano la corresponsabilità di intere classi gestionali, che hanno inteso il federalismo regionale nel modo peggiore. Solo di recente si stanno ponendo in essere nuove leggi ( tra cui una nuova versione del Titolo V della Costituzione) per arginare, contenere ed evitare il più possibile risultati esiziali dovuti ad una egemonia politica e culturale che ha fra l’altro introdotto, negli ultimi decenni, normative non rispettose dei valori costituzionali.
Il patrimonio della competenze riconosciute agli Enti territoriali (Regioni, Province, Comuni) come proprie, è in funzione dei peculiari bisogni emergenti in seno alla comunità, in un dato momento e luogo. Tuttavia, si sono determinati effetti distorsivi del sistema federalistico ad opera di coloro che hanno agito o dovevano agire per le Istituzioni. L’autonomia infatti è stata riconosciuta dalla Costituzione per “servire” e, invece, di essa ci si è serviti, piegandola ad esigenze del tutto estranee alle finalità specificatamente attribuite all’apparato governativo. Molti – troppi – dirompenti episodi di corruzione o di enorme sperpero di denaro pubblico sono emersi in questi ultimi anni, grazie alla magistratura ordinaria e contabile, a dimostrare come l’autonomia sia stata intesa come mezzo per affermare e sostenere i propri interessi personali, non coincidenti con quelli della collettività, già stremata da una profonda crisi economica e quindi ancora più sconcertata ed indignata di fronte alla inadeguatezza del quadro politico ad apportare in maniera decisa gli indispensabili cambiamenti moralizzatori nella legislazione nazionale e regionale.